Le proprietà dell’olio 1/2: dall’oro nero all’oro verde

Dopo l’articolo del journal di novembre sulla prima delle eccellenze italiane, l’aceto balsamico tradizionale di Modena, proseguiamo con una serie di articoli sull’olio. Rivendichiamo la paternità italiana dell’olio perché pur essendo, l’ulivo, nato 6000 anni fa in medio oriente, dopo aver attraversato l’Egitto e la Grecia, il Mediterraneo, l’Africa e il sud Europa, approdò a Roma (VII Secolo a.c.), in quella che divenne l’epoca di maggiore sviluppo della sua coltivazione: i romani diffusero la pianta in tutti i territori conquistati e addirittura imposero il pagamento dei tributi sotto forma di olio di oliva. Grazie ai romani il processo di coltivazione, estrazione e conservazione dell’olio migliorò notevolmente, e la diffusione del prodotto arrivò fino ai territori del Nord Europa: DISCIPLINARE di PRODUZIONE di Marco Porcio Catone (234 a.c. – 149 a.c. ) nel trattato DE AGRICOLTURA.

Con la caduta dell’Impero Romano (476 d.c.), anche la coltivazione dell’olivo cadde in disgrazia e per centinaia di anni gli uliveti sopravvissero solo in poche regioni.

Solo durante il Rinascimento (XIV-XVI secolo), l’Italia ritornava ad essere il maggior produttore di olio d’oliva nel mondo.

Nel 1700 i missionari francescani portarono i primi alberi di olive nel nuovo mondo e sempre gli immigrati italiani ne realizzarono il debutto commerciale in America.

Dopo la crisi del Novecento, l’olio, considerato elemento povero, vide diminuire la propria valenza di ingrediente nutrizionale, venendo sostituito gradualmente dai più ricchi grassi animali, contribuendo questi ultimi in maniera decisiva allo sviluppo di malattie degenerative e patologie del benessere.

Nel XXI secolo, il trionfo della dieta mediterranea e la conseguente rivalutazione della valenza nutrizionale dell’olio di oliva, come suo elemento cardine, l’hanno riportato ad essere uno degli alimenti più graditi al mondo e, a pieno titolo, una delle più importanti eccellenze italiane.

Introduciamo quindi nella prima parte di questa serie di articoli sull’olio l’idea della pianta di origine, della “radice gentile”, l’ulivo.

C’è qualcosa oggi, in un momento di identità sovrapposte ed incerte, che sembra resistere al cambiamento e sfidare il tempo: la lunga vita delle piante e degli alberi.

E’ un mondo, quello degli alberi, che noi abbiamo usato e violentato, ma che ancora permette esercizi di trascendenza, perché guardare in silenzio un albero antico significa guardare una vita che è partita molto prima della nostra e probabilmente la sorpasserà, accompagnando quella dei nostri figli.

Parlare del nostro albero, dell’ulivo, è quindi un atto d’amore per la nostra terra, un riconoscere un suo tratto particolare che la fa diversa da tutte le terre che non sono il Mediterraneo.

Si possono immaginare la Puglia e il sud italiano senza il mare, il cielo e gli ulivi?

Sulle origini dell’ulivo c’è ancora discussione, e ogni studioso ha la sua congettura, ma ciò che è certo è che questo albero ha attraversato ripetutamente il nostro mare, è andato da est a ovest e da sud a nord, e ancora oggi rimane un elemento di unità, di riconoscimento e di potenziale fraternità tra i popoli che si affacciano sul mare comune.

Entrando nel merito di tutti gli usi che possiamo fare dell’ulivo, è senza dubbio un inesauribile fonte di vita attraverso i suoi prodotti, come l’olio, che non rimane solo sulla tavola, ma si trasforma e ci avvolge ed accompagna, diventando balsamo, profumo, sapone, illuminazione e componente importante di tanti prodotti industriali.

L’ulivo ci ha fatto capire di appartenere ad una patria più vasta della nostra nazione e della nostra regione: la religione dell’ulivo ha una grande saggezza, perché unisce e non separa i popoli; da qui il termine di “radice gentile”.

“Miele per l’interno ed olio per l’esterno” rispondeva a chi gli domandasse il segreto della sua longevità, Democrito di Abdera, il filosofo greco morto nel 370 a.c. alla rispettabile età di 100 anni (per l’epoca straordinaria) e rimasto famoso nella storia perché fu il primo ad intuire che la materia è composta da atomi; in effetti tra i greci era molto diffusa la convinzione che l’olio di oliva donasse vigore al corpo.

La commensalità rimaneva fortemente ritualizzata nel corso dei secoli e la cura del corpo non poteva che conservare un’importanza fondamentale: presentarsi al convivio senza aver fatto un’accurata toilette era, più che disdicevole, inammissibile. E se per una qualche ragione, non era stato possibile prendere il bagno, bisognava almeno (era il suggerimento di Ippocrate), farsi una buona frizione con olio e vino. Né bastava ungersi una volta sola al giorno; i capelli, il viso e le mani dovevano essere sempre rilucenti.

Rispetto alle sopracitate malattie del benessere, dobbiamo ricordare che greci e romani non ne soffrivano; non ebbero modo quindi di intuire e sperimentare i benefici effetti dell’olio di oliva nella prevenzione dell’infarto miocardico e dell’angina pectoris.

Comunque, le prescrizioni di olio di oliva in ambito medico, alla ricerca di un effetto placebo o reale che fosse, si sprecavano. Come unguento era impiegato per curare le ustioni, le contusioni, il prurito; per lenire dolori muscolari ed articolari causati da reumatismi, addirittura nei casi di colera; a gocce, intiepidito, era instillato nelle orecchie per curare la sordità, probabilmente soltanto quella causata da tappi di cerume; come balsamo disinfettante e cicatrizzante era cosparso sulle ferite e sulle piaghe; In ginecologia lo si usava per impiastri ed irrigazioni in diversi trattamenti. Infine in ostetricia per facilitare al momento del parto, la cosiddetta “rottura delle acque”. Tra gli usi interni: come emetico nei casi di intossicazione, ma anche per curare il tetano. Nel levitico (terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana), è riportato che l’olio di oliva veniva usato per curare i lebbrosi.

Galeno lo consigliava per il mal di pancia, Ippocrate per curare le ulcere e Dioscoride credeva nell’efficacia dell’olio di oliva come antidoto contro i veleni mortiferi. È un dato di fatto che, placebo o no, anticipazioni o meno dell’epoca moderna, malgrado i limiti delle loro conoscenze scientifiche, gli antichi avevano accertato che l’olio di oliva faceva bene alla salute. La scienza medica moderna, in un percorso di rivalutazione e riscoperta dell’olio, nel più grande scenario della DIETA MEDITERRANEA, ha solo dimostrato il come e il perché, e ne parleremo nei prossimi articoli.

Ercole Demasi Direttore Editoriale del Journal of Culinary Nutrition.

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